Ieri, la Commissione europea ha tagliato le sue previsioni per la crescita economica della zona euro, citando tra le principali cause della revisione le tensioni commerciali con gli Stati Uniti e l’aumento dei prezzi del petrolio che spingono l’inflazione del blocco ancora più in alto.
Il rallentamento dell’economia della zona euro è destinato a colpire tutte le principali economie, ma si prevede che colpisca più duramente l’Italia, poiché il paese registra il tasso di crescita più basso tra tutti i 28 paesi dell’UE, pari solo a quello Gran Bretagna.
L’esecutivo dell’UE stima che l’eurozona crescerà del 2,1% nella parte finale del 2018, inferiore all’aumento del prodotto interno lordo (PIL) del 2,3% previsto nelle precedenti stime di maggio, e ulteriormente al di sotto del 2,4% registrato lo scorso anno. Nel 2019 la crescita del blocco dovrebbe ulteriormente rallentare al 2%, invariato rispetto alla previsione precedente.
Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea, ha così commentato: “La revisione al ribasso della crescita del PIL mostra che elementi esterni sfavorevoli, come le crescenti tensioni commerciali con gli Stati Uniti, possono smorzare la fiducia e penalizzare l’espansione economica”.
L’aumento dei prezzi del petrolio ha anche contribuito al rallentamento, e si prevede che spingerà l’inflazione della zona euro fino all’1,7% sia quest’anno che in seguito, rispetto alla precedente stima dell’1,5% nel 2018 e dell’1,6% nel 2019.