Si continua a parlare di crisi, e poi di ripresa, di nuovi posti di lavoro e di licenziamenti, ma come stanno realmente le cose in Italia? Di questo e di molto altri si è parlato nel corso del Festival dell’Economia che si è tenuto dal 2 al 5 giugno a Trento.
Un serrato confronto tra economisti, personalità politiche e istituzionali, ricercatori e giornalisti, provenienti da ogni parte del mondo, che hanno scandagliato il tema “I luoghi della crescita”. Tra gli altri, a fare un’analisi puntuale e dettagliata della situazione economica italiana è stato presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.
In Germania sul legame tra salario e produttività sono andati avanti. – ha spiegato Boccia nel suo lungo intervento – Noi abbiamo perso questa partita: dobbiamo recuperare, perché ci giochiamo un pezzo rilevante della sfida del nostro Paese.
Un problema che va affrontato da dentro le fabbriche, cavalcando la cultura della complessità secondo il numero uno di Confindustria, secondo il quale la soluzione sta nel ridurre il gap tra la produttività italiana e quella tedesca.
Altrimenti – ha precisato lo stesso – corriamo dei rischi anche all’interno della realtà europea. Bisogna inoltre dare una dimensione moderna alle relazioni industriali, stimolando contratti di secondo livello aziendale e salari legati alla produttività.
Particolarmente utile anche l’analisi effettuata dal rettore dell’Università di Trento Paolo Collini secondo il quale il successo di alcuni comporta il fallimento di altri. Il risultato lampante è proprio il successo del treno Freccia Rossa sulla tratta Milano-Roma che ha determinato una crisi della corrispettiva tratta di Alitalia. Tuttavia, rimane il fatto che dell’innovazione non si può fare a meno.
A partire dalle tecnologie digitali e dal settore delle scienze della vita. E l’Italia ha qualche gap importante da superare, per allinearsi ai paesi più evoluti, come la Germania. Tra il ’95 e il 2015 il costo del lavoro italiano è salito del 46% mentre solo del 5% nell’Eurozona. Abbiamo quindi in Italia una ventennale perdita di competitività.
Dunque, secondo i relatori, non ci restano che due opzioni: o riduciamo i salari o aumentiamo la produttività. Nel primo caso, ci andremmo a confrontare con alcune serie controindicazioni (anche se la riduzione è determinata da un calo dei contributi, deve essere però finanziata da spesa pubblica). Rimane quindi solo la strada della produttività, che spesso viene associata all’innovazione, specie quella digitale.
Nuove idee produttive, insomma, passano obbligatoriamente per il superamento di alcune realtà. La ricetta contro la crisi non resta che quella del sapersi continuamente rinnovare e adattare ad una mondo in continua e repentina trasformazione.
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