Brexit: le ripercussioni in Europa e in Italia

I cittadini del Regno Unito, chiamati alle urne per decidere della permanenza del loro Paese all’interno dell’Unione Europea, hanno espresso il loro volere: fuori dall’UE, è Brexit

Questo il risultato finale di un referendum molto discusso e capace di influenzare, a poche ore dal verdetto, tutti i principali mercati internazionali. Le conseguenze del “leave” si sono fatte sentire e il crollo delle maggiori Borse è stato praticamente immediato. Il Regno Unito ovviamente è stato il più colpito: calo della sterlina, volatilità in forte aumento e crollo dei corsi azionari, con possibilità di nuove ondate di ribasso in caso di pubblicazione di dati economici sfavorevoli. Ma le ripercussioni sono state ovviamente gravi anche oltre la Manica.

Per quanto riguarda il resto dell’Europa, è stato previsto un ampliamento degli spread nel mercato obbligazionario, specialmente per gli emittenti periferici ritenuti più vulnerabili al contagio della Brexit. Nel complesso, ciò che è negativo per il mercato azionario di solito è negativo anche per il mercato del credito, e vi sono fondati timori che la Brexit possa penalizzare gli asset europei in generale se il clima di fiducia degli investitori a livello globale dovesse peggiorare ancora.

E l’Italia in tutto ciò come è messa? In effetti per il nostro Paese la situazione non è così nera come si potrebbe pensare. L’agenzia di rating Standard&Poor’s ha infatti calcolato l’indice di esposizione al Brexit, basandosi su vari fattori come esportazioni di beni e servizi verso il Regno Unito, flussi di emigrazione bidirezionali, investimenti stranieri sul suolo britannico e crediti del settore finanziario. Stando a tali parametri, l’Italia, insieme all’Austria, sarebbe relativamente al sicuro.

Noi e gli austriaci saremmo infatti i meno vulnerabili all’effetto Brexit, al contrario degli irlandesi e di tutti quei Paesi che da sempre hanno legami commerciali ed economici con il Regno Unito (Spagna, Malta, Cipro, Lussemburgo). Il nostro interscambio di beni e servizi con la Gran Bretagna è infatti molto basso, intorno al 3% del PIL, e ci proietta agli ultimi posti di questa classifica in cui gli svantaggi sono proprio gli occupanti delle prime posizioni. Su http://www.osservatoriofinanza.it/ potete analizzare in modo analitico il discorso economico e le conseguenze della Brexit.

Stesso discorso rassicurante per quanto riguarda il mercato azionario italiano. Anche qui l’esposizione è piuttosto modesta e concentrata solo su alcune società con una parte del loro fatturato (parte comunque modesta) che proviene dal Regno Unito. Qualche preoccupazione in più invece per il settore delle quotazioni bancarie e dello spread, all’interno del quale l’impatto si farà sentire con più forza. Ne ha parlato anche Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, che comunque esclude ripercussioni forti come quelle avute nel periodo della crisi dei Lehman Brothers.

Molta più inquietudine dal mondo della politica, dove si temono effetti emulativi che potrebbero portare a credere che l’uscita dall’UE sia l’unica soluzione possibile per risollevare l’economia del proprio Paese, così come fortemente ribadito dai sempre più influenti partiti anti-europeisti. Se altri membri dell’Unione tentassero la strada del referendum e ci fossero altre “exit”, la situazione diventerebbe molto più problematica e stavolta ripercussioni gravi anche per l’Italia sarebbero inevitabili. 

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