Quanto costa all’ambiente il ciclo di produzione delle proteine?

Ogni scelta alimentare da parte del consumatore nasconde dietro un certo livello di impatto ambientale: è quanto asserisce uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers, il quale comprende dati raccolti da circa 300 documentazioni sul ciclo di vita dei processi di produzione di proteine animali.

Per confrontare gli impatti tra i diversi tipi di produzione alimentare, sono stati utilizzati dai ricercatori quattro parametri tra cui l’allevamento del bestiame e dei frutti di mare, anche quelli raccolti allo stato selvatico. Le valutazioni si sono concentrate sulle emissioni di gas serra, l’utilizzo energetico nella produzione di un prodotto, l’utilizzo di fertilizzanti e l’eventuale emissione di sostanze che possono contribuire alle piogge acide.

Per quantificare i diversi tipi di proteine, il team di ricercatori ha confrontato gli impatti ambientali utilizzando come parametro 40 grammi di ciascuna proteina valutata per vedere il suo contributo alla pioggia acida. Dai dati emersi, i cicli di produzione che funzionano meglio sono quelli dei molluschi d’allevamento, la pesca di sardine, sgombri e aringhe; anche il coregone e il salmone d’allevamento hanno dimostrato dei risultati positivi.

Dati negativi sono emersi dal ciclo di vita produttivo dei frutti di mare e pesce gatto, il quale consuma molta più energia rispetto alla produzione di bestiame a causa dell’esigenza di una ottimale circolazione dell’acqua. In ugual misura al pesce gatto, la carne di manzo ha prodotto 20 volte più gas serra rispetto all’allevamento di molluschi, al salmone e al pollo.

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